PARMENIDE

Parmenide

Il poema di Parmenide

Parmenide nacque ad Elea (550-450 a.C.), antica colonia greca situata sulla costa della Campania, e crebbe in un ambiente culturale e intellettuale aristocratico.
Scrisse un poema in versi intitolato "Sulla Natura", di cui restano il proemio e vari frammenti. Il poema esprime il suo pensiero ed è incentrato su argomenti filosofici e razionali mitigati da influenze religiose.


Solo l'essere esiste e può essere pensato

Il filosofo è indotto a percorrere la via della ragione, che gli rivela che l’essere è e non può non essere, mentre il non essere non è e non può non essere.
Se una cosa esiste , secondo il modo di pensare di Parmenide, non nasce né perisce, non si muove e non si cambia, ma semplicemente ed eternamente è. 

Gli studiosi sono concordi nell'affermare che è con Parmenide che ha inizio l'ontologia: lo studio dell'essere in quanto essere, nelle sue caratteristiche universali.

Anche se le sue argomentazioni risentono di una particolare mentalità conservatrice, ostile al cambiamento e all'innovazione, esse poggiano su dimostrazioni logiche estremamente rigorose.

La deduzione logica degli attributi dell'essere

Egli parte dal presupposto che il mondo non possa derivare dal nulla:
innanzitutto si pone il problema di definire i caratteri essenziali dell' "essere", in modo tale che non  siano in contraddizione con l'affermazione centrale dell'essere come unica realtà esistente e pensabile.
Egli arriva a formulare queste definizioni:
  • l'essere è ingenerato e imperituro: infatti, se nascesse, dovrebbe derivare da ciò che non è 
  • l'essere è eterno: esso non ha né passato né futuro
  • l'essere è immutabile e immobile 
  • l'essere è infinito
Con Parmenide vennero introdotti alcuni principi fondamentali come:
  • il principio di identità: l'essere è identico a se stesso
  • il principio di non contraddizione: l'essere è, dunque non può essere 
  • il principio del terzo escluso: ogni cosa o è o non è (non esiste una terza opzione)
Parmenide si rendeva conto che la sua tesi di un essere concepito  come una grande sfera immobile, eterna, sempre uguale a se stessa






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